Mentre la cabina dell’aereo colpiva la superficie del mare vide scorrergli la sua vita davanti.
Si chiese quando tutto si fosse rovinato e percorse a ritroso la loro storia.
Rivide la cena della sera prima in cui lei gli aveva detto addio.
Dal nulla.
Un fulmine a ciel sereno.
Ascoltò nuovamente le parole che lei gli aveva scagliato contro, pesanti come macigni.
Recriminazioni di anni di cui lui non voleva prendersi la minima responsabilità, lui era la vittima e lei il carnefice.
Lui aveva sempre fatto il massimo e lei lo stava lasciando.
Le risentì tutte in quel momento e capì che i problemi c’erano stati tutti, che era tutto vero e che lui aveva nascosto la testa sotto la sabbia per quieto vivere.
Avrebbe voluto chiederle scusa.
I silenzi ignorati: non erano quelli di una coppia che non aveva più bisogno di parlare, ora lo capiva, ma l’assenza di comunicazione tra due persone che non avevano più nulla da dirsi.
Loro non litigavano mai.
Aveva sempre pensato di andare d’accordo con lei, gli fu chiaro invece che nessuno dei due lo faceva perché ormai lo consideravano tempo sprecato.
Da quanto non facevano l’amore? Almeno da sei mesi, forse molto di più.
Perché? I soliti motivi, la stanchezza, il lavoro, gli orari diversi… No, erano tutte scuse, semplicemente non avevano più voglia l’uno dell’altra.
Ma si ricordò anche come era bello prima, quando la voglia c’era, quando trovandosi da soli nella stessa stanza riuscivano a stento a non saltarsi addosso.
La rivide in casa, la sera, seduta nell’angolo più lontano del loro enorme divano con quella che lui definiva “la sua tenuta antisesso”, calze di spugna, un paio di pantaloni della tuta e una felpa sformata di due taglie più grandi, un tempo era bianca ora di un grigio indefinito.
Di contro ripensò all’incredibile abito rosso fuoco che indossava in chiesa il giorno del loro matrimonio, uno scandalo per un paesino da cinquemila abitanti; in quel momento si rese conto di quanto era bella vestita sia in un modo che nell’altro.
In pubblico non si tenevano più neanche la mano, fino a qualche anno prima erano sempre abbracciati come se non riuscissero a stare in piedi da soli se erano vicini.
Cercò di trovare il momento esatto in cui si erano staccati ma non ci riuscì.
Sentì distintamente l’odore unico e inconfondibile della sua pelle che lo proiettava indietro nel tempo a quando andava in campagna dai nonni a dare una mano a fare le conserve di frutta.
Lei era indissolubilmente legata a tutte le cose belle della sua vita.
Risentì in bocca il sapore della pizza di “O sole mio”, il locale dove andavano a festeggiare ogni volta che volevano celebrare qualcosa. Il posto non era niente di speciale e neanche la pizza a dire il vero, ma era il locale del loro primo appuntamento, erano anni che non ci andavano. Avrebbe dato tutto per poterla portare lì un’ultima volta e rimangiare quella pizza solo per poterla guardare negli occhi.
Pensò ai baci infiniti sul divano di casa dei genitori di lei e a sua madre che bussava tutte le volte prima di entrare lasciandogli sempre qualche secondo per ricomporsi. Avrebbe riconosciuto le sue labbra tra mille.
Vide come se fosse un film il momento in cui l’aveva baciata per la prima volta, pensò al tempo infinito che era passato tra la decisione nella sua testa e il momento in cui le loro labbra si erano toccate. Un bacio scambiato in una giornata di novembre, davanti a scuola, prima di entrare in classe.
Ripensò agli amici che gli chiedevano come mai avesse un sorriso ebete stampato sulla faccia.
Ricordò quando la vide per la prima volta, seduta davanti a lui in prima media e come in quel momento capì che sarebbe voluto stare con lei, insieme fino alla fine…
Capì che la sua fine stava avvenendo proprio ora e fu felice che il suo ultimo pensiero fosse per lei: “Scusa amore mio, mi ero perso ma ora sono qui”. Ti amerò per”.
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